Si segnala l’articolo pubblicato su «Il Mattino» di giovedì 30 Aprile 2015
Morti da manette facili in attesa della riforma. In vigore dall’8 Maggio. L’ultimo caso: il medico suicida per l’arresto ingiusto del figlio.
Antonio Manzo
Il medico genovese che si è suicidato dopo l’arresto ingiusto del figlio farmacista oggi sarebbe ancora vivo se fosse già entrata in vigore la legge che rende più difficile la carcerazione preventiva. Perchè non ci sarebbe stato nessun presupposto, secondo la nuova legge, per arrestare un cittadino inquisito,mai interrogato e per fatti che risalgono atre anni fa. Approvata dal Parlamento il 9 aprile scorso, nello stesso giorno in cui un folle ha sparato all’impazzata nel tribunale di Milano,la legge che è passata sotto silenzio entrerà in vigore l’otto maggio prossimo. Il Parlamento ha fatto il suo dovere, ora spetterà ai magistrati applicare la legge contro gli abusi delle manette facili. In Italia dovrebbe esserci una inversione di tendenza sugli arresti facili con la carcerazione preventiva che a Napoli,ad esempio,secondo le stime del presidente della camera penale,Attilio Belloni, ha portato ingiustamente dietro le sbarre, nel2012,ben 40 indagatisu100 poi scagionati dal tribunale del Riesame perché non dovevano essere arrestati. Con la nuova legge, per applicare una misura cautelare preventiva dovranno sussistere i principi del pericolo di fuga o la possibile reiterazione del reato,male circostanze del reato dovranno essere oltre che concrete anche attuali, oltre che prendendo in esame la biografia dell’imputato e i suoi comportamenti. Tutti presupposti inesistenti, ad esempio, per portare alla cattura del farmacista genovese e della moglie, nell’ambito di una inchiesta del 2012. Tre anni nei quali il farmacista Marco Ballario Menetto,dopo l’avviso di garanzia,non era stato neppure una volta interrogato, aveva continuato tranquillamente a svolgere il suo lavoro recandosi ogni giorno in farmacia e senza neppure un giorno di ferie all’estero, quindi non sospettabile di fuga. Non c’era,quindi, pericolo di fuga,né la reiterazione del reato, nè l’attualità del reato stesso registrato in un rapporto investigativo del 2012. È bastato questo arresto ingiusto per indurre il papà, Francesco Menetto, medico genovese,pediatra molto noto, a scrivere sei parole, una sola frase, un testamento. «La magistratura miope a volte uccide». La parola, stavolta, non è stata futile e cangiante come per una convenienza difensiva perché quando il medico genovese ha deciso di uccidersi gettandosi da un ponte ha lasciato un biglietto scritto per protestare contro l’arresto del figlio e della nuora, da lui ritenuti ingiusti ed eccessivi. «Oramai dicono tutti così. E allora la magistratura non dovrebbe più indagare?» ha sbrigativamente commentato il procuratore della Repubblica di Monza, Corrado Carnevali, suscitando anche l’irritazione del viceministro della giustizia, Costa. «Parole fuori luogo» ha commentato il vice di Orlando. Ieri Menetto è stato scarcerato. Le parole di Francesco Menetto, scritte nella notte tra domenica lunedì scorso,dovrebbero passare alla storia giudiziaria italiana come le ultime scritte contro l’abuso della custodia cautelare. Non dovrebbe accadere più. Dovrebbe essere più difficile finire vittima di un arresto facile. «Dovrebbe, e ce lo auguriamo per la garanzia di diritti di libertà di ogni cittadino,impedire il ricorso disinvolto alle manette che è cosa diversa dal bloccare le indagini della magistratura», dice Lina Armonia, avvocato genovese che difende il farmacista figlio del pediatra suicida,arrestato insieme con la moglie Valentina Drago. Anche la moglie del medico aveva deciso di suicidarsi insieme con il marito ma è stata salvata in extremis dalla polizia arrivata sul ponte Monumentale al centro di Genova, dopo l’allarme lanciato da alcuni passanti. Ora la donna, ed è questa la ulteriore beffa della magistratura nella tragedia familiare di casa Menetto, è indagata per istigazione e agevolazione al suicidio del marito. Si giustificano in procura: il suicidio
non sarebbe di «quelli lineari», come se potesse esistere una scorciatoia sghemba nell’ultimo tragico atto di togliersi la vita. La polizia indaga ora sulla moglie del medico suicida. In pratica, il pm sostiene che ad indurre al suicidio il marito sarebbe stata la moglie che si è salvata. Manette facili? «Giustizia miope», come ha scritto il medico genovese suicida? La legge contro l’abuso delle manette è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale il 23 aprile scorso, entrerà in vigore l’8 maggio prossimo. La detenzione sarà possibile solo quando sono concreti e attuali il pericolo di fuga, la ripetizione del reato col’inquinamento delle prove, oltre che una valutazione della personalità del presunto reo e il contesto. Le misure interdittive, alternative al carcere, sono prolungate nella durata. L’obbligo di carcerazione preventiva si limita ai soli reati di mafia e terrorismo. Ma,soprattutto,la nuova legge prevede che vengano rafforzati gli obblighi di motivazione del giudice sulle richieste di carcere da parte del pubblico ministero:il magistrato dovrà spiegare nel dettaglio perché ha ritenuto necessaria la detenzione e trascurabili le argomentazioni della difesa. Agostino De Caro, avvocato,docente di procedura penale all’università del Molise e commissario nella commissione ministeriale di riforma del codice di procedura penale è anche uno dei difensori di Nicola Cosentino. Aggiunge: «Osservo,con criterio scientifico, che la custodia cautelare viene spesso utilizzata per spronare gli indagati alla collaborazione,indurli a confessioni, tenerli «dentro» come si usa dire, al di là della presenza o meno dei requisiti previsti dalla legge per privare un cittadino della sua libertà prima che venga celebrato un processo». In Italia nel 2012 sono finiti dietro le sbarre 25.777 imputati (200 persone in più di quelle che c’erano in piena Tangentopoli, nel 1992). Per molti il carcere preventivo ha rappresentato l’anticipazione della pena o è stato utilizzato, da parte degli inquirenti, per far confessare reati. Beniamino Migliucci, presidente dei penalisti italiani dice: «Il problema non è individuare nemici ma sconfiggere culturalmente un clima tutto italiano. È come se l’agenda politica debba essere sempre nella mani della magistratura. Di qui anche una riforma virtuosa rischia di finire inapplicata, perchè è un problema di responsabilità della giurisdizione».