L’apertura dell’anno giudiziario e le polemiche Governo e magistrati di Elia Fiorillo

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“Possibile che logica, buon senso, sincerità non abbiano più corso legale in Italia?”. E’ lo scrittore Andrea Camilleri che si pone questo interrogativo.  E ha proprio ragione a porselo davanti a certi comportamenti. Le cerimonie d’apertura dell’anno giudiziario dovrebbero essere occasioni importanti per dare all’opinione pubblica un quadro dell’azione giudiziaria fondato, al di là delle posizioni personali e di categoria, su dati di fatto provenienti dalle sentenze pronunciate. Nonché su “ragionamenti” affinché la giustizia diventi sempre più giusta. Nel solo 2016 lo Stato ha pagato 42 milioni di euro per risarcire un migliaio di casi tra ingiuste detenzioni ed errori giudiziari riconosciuti da una sentenza di revisione. Più che l’ammontare degli indennizzi vanno ricordati quei cittadini che si sono visti la vita compromessa, se non spezzata, da azioni giudiziarie superficiali o per colposa negligenza dei giudici. Nessun risarcimento materiale potrà mai sanare quelle ferite, in alcuni casi mortali. E non ci si venga a dire che se il soggetto sottoposto ad procedimento giudiziario non “avesse frequentato certi ambienti…” o “bazzicato certi personaggi…” o, ancora,“comportatosi come io mi comporto…” non sarebbe mai finito davanti ad un giudice. A tutti può capitare una cosa del genere. Certo, gli errori sono sempre possibili, ma è pur giusto che su essi s’indaghi, come avviene in una qualsiasi azienda, perché non si ripetano.

 

Al di là del discorso sulla responsabilità civile dei magistrati, sarebbe opportuno che il Consiglio superiore della magistratura indagasse sul piano disciplinare “automaticamente” quei magistrati i cui procedimenti sono stati viziati da errori. Una garanzia questa per tutta la magistratura, ad evitare che si faccia di “tutt’erba un fascio”.

 

In alcuni casi, nelle prolusioni di qualche procuratore generale, è prevalsa la voglia “mediatica” di dire la propria, non tenendo conto dell’inopportunità del momento. Certo, i problemi ci sono e sono tanti, ma era proprio il caso che l’Associazione nazionale magistrati disertasse l’inaugurazione dell’anno giudiziario? Un braccio di ferro (leggi mediatico) con il Governo, quello sulle proroghe alle pensioni di alcuni magistrati, che poteva essere fatto  in altre circostanze. Già in occasione dell’apertura dell’anno giudiziario 2015 si parlò di ferie dei magistrati facendo scivolare in secondo piano le tematiche della giustizia.

 

“Io certamente non voglio essere ricordato come il presidente dell’Anm che ha abdicato sulla difesa dell’indipendenza della magistratura, signor ministro spero che lei non voglia essere ricordato come quello che ha provato a violarla”. E’ Piercamillo Davigo, presidente dell’Anm, che così si rivolge al ministro della Giustizia Andrea Orlando all’apertura dell’anno giudiziario a Milano.Di frasi mitiche – e discutibili – Piercamillo Davigo ne ha pronunciate diverse. Da quella del 7 dicembre 1994 sul Corriere della sera: “Io invece vi dico: rivoltiamo questo paese come un calzino”.  A quella in cui sostiene che “il segreto istruttorio è posto a tutela dell’attività investigativa, non dell’onorabilità dell’inquisito”. Siamo in pieno clima di Mani pulite e la voglia dei p.m. di fare pulizia a volte esorbita dalla tutela dei diritti degli indagati, come puntigliosamente documenta Matteo Feltri nel libro “Novantatré – L’anno del terrore di Mani pulite”. Da parte sua il ministro Orlando, contestando il corporativismo di una parte della magistratura, ha sostenuto: “È un’insidia che i singoli soggetti della giurisdizione reagiscano alle difficoltà ripiegando in unadimensione corporativa, tentando di salvaguardare le proprie ragioni attraverso la delegittimazione di quelle degli altrie la finale delegittimazione di tutto il sistema”. Orlando ha ribadito nel suo intervento i tentativi perseguiti dal Governo negli ultimi anni di preservare il funzionamento della complessa macchina giudiziaria con “l’ostinata ricerca del dialogo e del confronto”. “Io voglio dire questo – continua il ministro della Giustizia -, non credo che si stia attentando all’autonomia della magistraturaperché si modifica l’età pensionabile, perché allora non mi saprei spiegare perché l’Anm non ha protestato quando si decise a suo tempo di portare l’età pensionabile da 70 a 75 anni”.

 

Sulla problematica “giustizia-mediaticità” si è soffermato nella cerimonia d’aperturadell’anno giudiziario Giovanni Canzioprimo presidente della Corte suprema di Cassazione. Per Canzio Leggendo le pagine dei media si scorge una frattura fra gli esiti dell’attività giudiziaria e le aspettative di giustizia…Il disorientamento nasce dalla discrasia spazio-temporale fra l’ipotesi di accusa, formulata nelle indagini preliminari… e il processo mediatico parallelo che s’instaura immediatamente”. Per il primo presidente della Suprema Corte: “Talora sono lo stesso pubblico ministero, titolare delle indagini, o l’avvocato difensore a intessere un dialogo con i media e, tramite questi, con l’opinione pubblica; in tal caso, il corto circuito tra il rito mediatico e il processo penale è destinato ad accentuarsi”. Per queste motivazioni c’è la necessità e l’urgenza di un intervento riformatore per “restaurare le linee fisiologiche del giusto processo, ridando respiro, a fronte delle aspettative di sicurezza e legalità dei cittadini, alla ricostruzione probatoria del fatto e all’accertamento della verità nel giudizio, secondo criteri di efficienza, ragionevole durata e rispetto delle garanzie”.

 

Terenzio il commediografo, nato nel 184 a.C., scriveva: “Somma giustizia equivale a somma malizia”. Il rischio esiziale per la democrazia è che la bilancia della giustizia penda dalla parte del più forte o più “malizioso”. E di maliziosi, non solo in politica ma anche in magistratura ce ne sono, purtroppo, tanti. E non ci si venga poi a lamentare che i populismi e i dittatori democratici (sic) stanno sempre più prendendo piede.